mercoledì 27 luglio 2016

COBIA - il pesce del futuro


I primi studi di acquacoltura su questo pesce sono iniziati nel 1975 con la raccolta di alcune uova di cobia selvaggio lungo le coste del North Carolina, Stati Uniti.
Lo studio delle sviluppo delle larve ha permesso di capire subito le potenzialità di allevamento di questo pesce. Cresce infatti velocemente (può arrivare a 5 kg in un solo anno di vita) e le sue carni sono ottime sia a livello nutrizionale (è ricco di Omega3) che al palato.

Perché è il pesce del futuro? L’acquacoltura può essere una soluzione per ridurre la pressione della pesca sulle specie ittiche selvagge, ormai in netta diminuzione. Questa pratica ha origini molto antiche: le prime testimonianze risalgono alla Cina della dinastia Shang tra il XVI e l’XI secolo a.C. La Fao (e non solo) però avvertono: l’acquacoltura deve ridurre al minimo il suo impatto ambientale, deve essere controllata attentamente la dieta dei pesci allevati in modo che sia di qualità e nutrizionalmente completa e si devono tenere sotto controllo malattie e parassiti.

Oggi esiste un esempio di buona pratica nel settore specifico del cobia. Brian O’Hanlon con la sua azienda Open Blue e la collaborazione dello stato di Panama ha creato nel 2007 il più grande sistema di acquacoltura in mare aperto al mondo.Dopo 2 mesi in laboratorio i cobia sono trasferiti in speciali strutture a circa 12 km dalla costa atlantica del Paese del centro America, zona poco industrializzata, più pulita e in cui il governo panamense ha creato una sorta di riserva naturale proibendo la pesca commerciale nel raggio di 10 km quadrati. Le gabbie (brevettate da Open Blue) sono ampie, permettono al pesce di muoversi e poste sotto il livello del mare, in punti caratterizzati da forti correnti in modo che ci sia continuamente ricircolo di ossigeno e minor rischio della presenza di parassiti. Il mangime è costituito da proteine vegetali derivanti dalla soia e dal mais (no Ogm), vitamine e minerali, farina e olio di pesce. Non sono presenti coloranti, antibiotici, ormoni o pesticidi. Il cobia è infine pescato con la tecnica giapponese Ike-Jime che paralizza il pesce provocando una morte meno traumatica. Questo è importante per mantenere la carne di un colore chiaro e di un sapore intenso. Alcune università stanno studiando l’impatto di queste strutture in mare, mentre la società sta cercando nuove specie tropicali da inserire nei propri programmi d’allevamento. Chissà che presto non arrivino sul mercato italiano tante altre novità che diventeranno il nostro cibo del futuro.

Per qualsiasi informazione potete contattarmi al 3497286130 oppure rappresentanze.mb@gmail.com
MASSIMILIANO BELLENTANI food consultant Jolanda de Colò

 www.jolandadecolo.it

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